Comunicare le emozioni.

 

“Non esiste scrittore al mondo in grado di riprodurre una situazione, un’ambientazione, un’emozione così come esse si sono presentate a lui.”

Questa interessante riflessione formulata da Daniele Imperi all’interno di uno dei sui post dedicati allo scrittore Guido Morselli, fa emergere una questione molto importante:
può un artista  ricreare e trasmettere la stessa emozione che lo ha “folgorato”?

Tecnica e Comunicazione.

Prima di addentrarsi nella riflessione è necessario fare una precisazione: l’autore di questo post è strenuamente convinto del fatto che fare Arte, significhi fare anche Comunicazione.
Fin dalla preistoria infatti, l’uomo ha sempre avvertito la necessità di comunicare ai posteri la realtà in cui era immerso; in assenza della scrittura, le narrazioni venivano rappresentate con la tecnica del graffito.
Poi la tecnologia si evolve e con essa, anche il modo di fare comunicazione e cultura, motivo per cui queste immagini oltre a descrivere la realtà circostante,  hanno raggiunto un livello così elevato di esecuzione, al punto tale da suscitare delle emozioni: questo è possibile grazie alla conoscenza che un artista ha della tecnica e al modo in cui questi la padroneggia, generando la sperimentazione di nuovi linguaggi.
Non a caso, nella semantica artistica è contemplato il binomio tecniche espressive.
La Comunicazione è alla base di qualsiasi disciplina artistica, che sia letteraria, figurativa, musicale, ecc.
Che l’artista sia ermetico, realista, astratto, concreto, concettuale, ecc, poco importa: il suo obiettivo è quello di affinare e approfondire quanto più e possibile la sua tecnica, poiché solo così riuscirà a comunicare il suo pensiero e, perché no, anche le sue emozioni.
 
I “livelli” delle Emozioni.
Ma come mai queste emozioni non investono tutti allo stesso modo e alla stessa misura?
Per capire questo concetto si può far ricorso ad un semplice esperimento:

CLICCA QUI!

 Solitamente ci sono quattro tipi di reazione:

  1. <<Cos’è sta m***a?>>
  2. <<E questa sarebbe Arte? Mha!>>
  3. <<Forse andrebbe capita meglio…>>
  4. <<Geniale!>>

Cos’è che porta un individuo  a dire che quel quadro è geniale, rispetto a chi non lo reputa superiore ad un ammasso fecale?
Sicuramente la curiosità è un fattore determinante.
Chi riconosce la genialità di quel dipinto ha sicuramente compiuto un percorso formativo diverso da chi è totalmente a digiuno di Arte Contemporanea.
Lo studio e la raccolta di informazioni infatti, alimentano la fiamma della curiosità, ampliano le conoscenze e sviluppano capacità critica.
Le emozioni sono dunque come i videogiochi: più si diventa abili (acculturati) e più si acquisiscono punti necessari che consentono l’accesso al livello successivo, garantendo l’esegesi di cose totalmente ignorate in precedenza.
In realtà non è così che funziona.
Tornando alle reazioni che possono generarsi di fronte ad un’Opera d’Arte, la terza risposta è quella che mette in discussione tutto quanto scritto finora.
L’affermazione “forse andrebbe capita meglio…” presuppone che l’individuo riconoscendo il suo limite nel dare un giudizio estetico/emozionale nei confronti dell’opera in questione, cominci raccogliere informazioni sull’artista, a studiarne il suo percorso artistico, estetico, filosofico, ecc.
Dopo aver svolto tutto questo lavoro di ricerca, l’individuo può tranquillamente affermare:

<<Anche se ora lo conosco, continua a non piacermi!>>

 
I canali irrazionali.
Perché succede questo?
Perché pur avendo “studiato”, il dipinto in questione  non ha sollecitato in lui alcuna emozione.
Le emozioni, infatti, si muovono lungo dei canali che sono quelli dell’irrazionalità, appartenenti alla sfera più intima di una persona ed in quanto tali non possono essere classificabili né tanto meno quantificabili secondo parametri precisi.
Cultura e conoscenza da sole, non possono essere definite come misuratrici delle emozioni.
Lo spiega molto bene Paul Verlaine quando si leggono i primi quattro versi della sua  Arte poetica.

I primi cinque versi della poesia di Verlaine, “Arte Poetica”. Clicca qui per visualizzare la poesia completa.
I primi cinque versi della poesia di Verlaine, “Arte Poetica”.



La Musica.

Di sicuro tra le varie forme di Arte, la Musica è quella più “immediata”, poiché la sua fruizione (a livello emozionale) non necessita di particolari strutture o sovrastrutture culturali.
Fin dalla tenera età infatti pur non essendo in grado di scrivere e leggere, né tanto meno disegnare, non è possibile restare indifferenti alla musica: all’ascolto di un suono, un bambino tende ad accompagnarne il ritmo gesticolando con il suo corpo e dopo un po’ è in grado di canticchiare una canzone; magari questo gli permetterà di imparare nuove parole.
Da questo punto di vista la musica ha una magia davvero particolare: è istantanea.
Verlaine lo fa capire bene in trentasei versi che delineano uno modo completamente nuovo di fare Arte (a fine Ottocento), il cui baluardo è costituito dalla poetica decadente.
“Musica ancora e sempre!”
Dunque questa è la verità di Verlaine: se si vuol fare Arte bisogna mettere in moto gli stessi meccanismi (irrazionali) usati dalla Musica, perché solo così si costituisce un canale diretto tra l’Artista ed il Fruitore, sollecitando le emozioni di quest’ultimo.
Del resto la stessa parola Arte richiama al concetto di artificio: quando un individuo riesce a trasmettere un’emozione attraverso le sue doti artistiche (padronanza assoluta della tecnica), vuol dire che molto probabilmente è un artista.
Se poi questo suo linguaggio riesce anche ad innovare e definire uno stile (linguaggio) ben preciso, allora è un autentico genio.
Molto probabilmente questo genio, attraverso la sua Arte non sarà riuscito a trasmettere la stessa emozione che ha ricevuto dalla natura: ma che importanza ha?
L’artista o genio che sia, ha comunque comunicato ed è riuscito ad emozionare un’intera comunità (quando questa si mostra pronta a “ricevere” la sua emozione e/o comunicazione), poiché ha sviluppato la tecnica giusta per farlo.
Sviluppare nuove tecniche significa anche contribuire a migliorare la qualità della vita delle donne e degli uomini sia dal punto di vista “pratico”, sia dal punto di vista culturale.

Conclusioni, Ringraziamenti e qualche domanda sul Web.

Ma allora è possibile o no che un artista riesca a ricreare e trasmettere le stesse emozioni da cui è stato investito?
Probabilmente no.
Ma la domanda vera è un’altra: come può un artista riuscire a trasmettere delle emozioni attraverso i suoi prodotti?
Questa è una domanda che l’artista pone prima di tutto a se stesso e spesso, costituisce la chiave di volta che permette lo sviluppo e la messa a punto di tecniche innovative ed avanguardiste.
Suscitare nuove emozioni e nuove suggestioni, permette alla persone di uscire dai propri schemi, di andare oltre i propri limiti e, magari, progredire.
Un concetto questo tanto basilare nell’Arte, quanto nella Comunicazione intesa in senso più generale.
È chiaro quindi, che lo stimolo delle emozioni costituisce solo una “spintarella”, utile per  approdare a porti molto più importanti.
L’autore di questo post ringrazia vivamente Daniele Imperi per avergli fornito un ottimo spunto di riflessione, sulla base della quale è nato questo post o, per definirlo meglio, flusso di pensieri.
Inoltre l’autore di questo post lascia il suo lettore (che ringrazia vivamente per essere arrivato fino a qui) con un dubbio: il Web come per l’Arte, è connotato da due elementi fondamentali, vale a dire la Comunicazione e la Condivisione (perché fare Arte, vuol dire anche Condividere).
Sono fattori sufficienti questi a far sì che il Web riesca ad emozionare?
Detta in maniera più semplice: è possibile fare Arte attravero il Web?
 “I hope I’ll die before I get old” My generation, The Who 1965. 
Google

7 commenti su “Comunicare le emozioni.”

  1. Grazie intanto per la citazione 🙂
    Non amo l’arte contemporanea, eccetto poche eccezioni. Preferisco quella classica, che riesce a darmi parecchie sensazioni. Non chiamatemi però arte una tela tagliata o schizzi di colore, perché non lo è.
    Bella domanda la tua. Il web può emozionare? Sì, perché no? Emoziona attraverso le parole e le immagini, ossia la grafica di alcuni siti.
    È possibile fare arte attraverso il web, anche se credo non sia facile. Ma come? In che modo intendi fare arte?
    Non dimentichiamoci cosa è il web: una rete di contenuti e relazioni. Una realtà che forse contiene l’arte e più difficilmente la produce.

  2. Ciao Daniele!
    La citazione era un dovere morale 😀
    Ora andiamo per ordine:
    precisamente quando scrivi: “Non chiamatemi però arte una tela tagliata o schizzi di colore, perché non lo è”.
    Se ho capito bene per la tela tagliata ti riferisci a Fontana, mentre per gli schizzi di colore mi viene in mente Pollock: i miei artisti preferiti in assoluto :D.
    Mi sa che su questo siamo in totale disaccordo, perché quella che ti piaccia o meno è Arte e, che ti piaccia o meno, ha influito parecchio sul nostro modo di intendere o vedere le cose, magari anche sul modo di leggere un libro o il semplice modo di accogliere internet nella nostra vita.
    Fontana ha concepito il concetto di spazialismo, mentre Pollock… è molto più complesso da spiegare (anche se la sua arte è di una “semplicità” disarmante), ma mi attiverò per fare una serie di post sull’argomento!
    L’arte nel Web.
    Penso che il Web sia come il cervello umano.
    Esiste, si conoscono delle funzioni, eppure non se ne conoscono ancora tutte le potenzialità (infinite).
    In sostanza sono convinto che con il Web siamo solo all’inizio.
    Nel post in cui scrissi sulla creatività facevo riferimento all’interazione tra due elementi che tu in maniera puntuale hai sottolineato nel commento: contenuti e relazioni.
    Questi due elementi costituiscono la base di un processo creativo e talvolta consentono di produrre Arte.
    Per Arte intendo dire proprio Arte!
    Quell’insieme di sensazioni che provi quando ti trovi dinanzi ad un’opera in stile classico (o qualsiasi altro tipo) e dici “questa sì che è Arte”.
    Se passo per Roma, spero ti piaccia fare un giretto con me allo GNAM, così ci “scorniamo” a vicenda sull’arte contemporanea 😀
    Buona serata e grazie per il commento 😉

  3. Non conosco quei 2, non sono informato sull’arte moderna, so solo che uno ha fatto un taglio su una tela bianca e la chiamano arte. Cosa ha di artistico? Chiunque può fare una cosa del genere.
    Che emozioni suscita una tela tagliata?
    Dove è lo studio, dove la fatica, dove la capacità di disegnare?
    Se vieni a Roma andremo altrove. La galleria d’arte moderna l’ho vista due volte e m’è bastato 😀

  4. Okey, allora non insisto per la galleria d’Arte Moderna 😀
    Per quanto riguarda la fatica, la capacità di disegnare… Mi viene sempre in mente quando Verdi non fu ammesso al conservatorio, oppure il costante rifiuto delle opere di Caravaggio dai suoi stessi committenti.
    Non si può dire che fossero due fessi e che non avessero né faticato, né studiato per mettere a punto la loro tecnica.
    Eppure c’è voluto tempo per apprezzarli (a Verdi andò molto meglio che a Caravaggio).
    Penso solo che quando si osserva un prodotto (o lo si legge, o lo si ascolta) bisogna essere liberi dai pregiudizi (personalmente ne ho tanti, troppi!)
    Fatica, studio, e ricerca (che sono alla base di molti artisti contemporanei) da sole non garantiscono la riuscita di un’opera d’arte o il riconoscimento di un artista in quanto tale.
    Ci vuole di più, molto di più. Ci vuole lo scossone.
    E in questo gli artisti sono abili.
    Poi se andiamo sui gusti soggettivi, allora lì è un altro paio di maniche e so che in questo non riuscirò mai a convincerti del contrario 😀
    Però ti confesso una cosa: l’idea di provare a convincerti (te, come chiunque, quando mi occupo di didattica dell’Arte), è il catalizzatore che mi spinge a continuare a fare sempre meglio ed approfondire le mie conoscenze.
    Quindi ben vengano le divergenze, sono il mio “pane” in questo senso.
    Ci vediamo a Roma allora, per andare altrove! 😀

  5. Mi è piaciuto molto questo post. Ho sempre sostenuto che l’arte fosse una delle forme di comunicazione, di espressione, di cui avvalerci per dare spazio e forma alle idee.
    Ora vengo al dunque e provo a rispondere alla tua domanda. Chiedi se sia possibile fare arte attraverso il web. Bene, personalmente credo di sì. Vedi Giuseppe, a parer mio, la rete non è da intendersi come un mero contenitore. Credo, piuttosto, che si tratti di un ambiente molto simile a quello che noi definiamo “realtà”.
    Anche il web è mosso e alimentato da persone. Certo, le dinamiche di comunicazione e interazione sono diverse ma, in fondo, seguono logiche ben precise e non così difficili da comprendere.
    Quello che rende possibile fare arte in rete, secondo me, è la dimensione pubblica che ogni nostro gesto assume qui. Pensavo proprio oggi a quanto l’essere sociali in rete sia molto più complicato che nella realtà.
    Sul web ogni nostra parola, ogni nostra espressione, è tracciabile: lascia un segno e chiunque la può rinvenire. Questo ci porta sì a calibrare in un certo senso la comunicazione, filtrandola, ma attraverso sistemi che non ci portano come spesso pensiamo a fingere. Semplicemente cerchiamo il modo più efficace per veicolare il nostro pensiero.
    Certamente non tutti gli utenti produrranno arte. Così come non tutte le pubblicazioni che trovi in rete saranno degne di nota. Ma sono certa, anzi convinta, che nel peregrinare in questi spazi così vasti ci sia chi è in grado di farla.
    Comunicare e condividere, però, da sole non bastano. L’arte, secondo me, è fatta d’altro. E’ un processo che porta con sé un carico emozionale così potente da spingere le persone a fare qualcosa.
    Ecco, quello che noi webcosi chiamiamo conversioni, engagement, non corrisponde ad altro che alla capacità di coinvolgere e promuovere un’azione. E sono certa, ripeto, che ci sia chi, attraverso i contenuti che produce, sia in grado di farlo 🙂

  6. Ciao Cristiana.
    Sono contento che il post ti sia piaciuto 🙂
    La tua disamina non fa una grinza, è perfetta (almeno dal mio punto di vista)!
    Così perfetta, che al momento non saprei cosa aggiungere 😀
    Rifletterò molto su quanto hai scritto, specie nella parte in cui scrivi sul “filtraggio” della comunicazione.
    In effetti credo che il filtraggio di cui parli, possa fare riferimento alla criticità che il “comunicatore” impone a se stesso.
    Quando funziona, gli consente di fare la differenza rispetto al marasma generale di informazioni che circolano in rete e comunque attraverso i media, più in generale.
    E, come dici tu, non si tratta di finzione, ma di una regola che se applicata nel modo giusto, consente addirittura di creare uno stile, un timbro, il distinguo insomma.
    Sì hai centrato in pieno.
    Mi ha sempre affascinato l’idea che dalla tecnica (quindi dallo standard), sia possibile generare uno stile, che in quanto tale resterà unico.
    Come detto in precedenza, ci rifletterò parecchio e magari butterò giù qualche appunto.
    Grazie sempre per i tuoi interventi eccezionali 🙂

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