L’alchimia tra Parmigianino e la pittura: una storia d’amore [e di arte] nella Chiesa della Steccata, a Parma

Monumento al Parmigianino, in Piazza della Steccata

Quando arrivi in Piazza della Steccata, a Parma, ti accorgerai che si respira un’aria particolare.
Ti renderai subito conto dell’alchimia che (letteralmente!) lega il monumento dedicato al pittore rinascimentale, Parmigianino, alla chiesa della Steccata.
Vedrai la statua barbuta di Francesco Mazzola (questo è il vero nome di Parmigianino), dall’aria vissuta che con la mano sinistra regge una tavolozza, mentre con un gesto di assenso porta la mano destra al cuore. Il suo sguardo è languido, innamorato, in cerca di qualcosa lì dentro.
Infatti la chiesa cela il suo amore più grande: la pittura. Quindi ci tocca entrare per vedere com’è fatta.

I primi incarichi come pittore professionista

Che ci sia un legame speciale con la chiesa della Steccata lo dimostra il fatto che qui si trova uno dei primi incarichi che Parmigianino ricevette come pittore autonomo. Avendo collaborato con i suoi zii e sfoggiando il talento fin dalla giovanissima età, si decise di affidargli la decorazione delle portelle dell’organo della chiesa, poi staccate e che ora vedrai esposte sulle pareti laterali dell’ingresso della chiesa, rispettivamente l’una di fronte all’altra, dove da una parte viene raffigurata Santa Cecilia, la patrona dei musicisti e dall’altra parte viene raffigurato David che armeggia con una lira.

Santa Cecilia e David del Parmigianino. Fonte Wikipedia

Il viaggio che innesca l’alchimia tra la pittura e Parmigianino

Ma il talento da solo non bastava e Parmigianino volle trasferirsi a Roma per guardare da vicino le opere di Michelangelo e Raffaello con un’idea molto chiara: superare i suoi maestri.
Questa devozione alla pittura, al suo perfezionamento, oltre a condurlo geograficamente da Parma a Roma, lo indusse a intraprendere anche un profondo viaggio interiore facendolo diventare un alchimista, oltre che uno dei pittori più bravi in Europa.
Bisogna dire che in epoca rinascimentale, l’alchimia (materia che ha dato i fondamenti alla chimica) era una pratica abbastanza comune tra gli intellettuali.
Partendo dalla sua definizione più semplice, l’alchimia è da intendersi come l’insieme di sperimentazioni e procedure che purificano i metalli impuri tramutandoli in oro.
In senso più ampio e filosofico, per gli uomini del Rinascimento l’alchimia rappresentava un bagaglio di conoscenze, che abbracciava tutti i campi del sapere umano, indispensabili anche per un pittore del calibro di Parmigianino che aveva l’obiettivo di pulire la sua pittura da tutte le imperfezioni e realizzare l’opera d’arte perfetta.

Il ritorno a Parma e la sua opera perfetta

Tornato a Parma, dopo mille peripezie che lo videro sempre in affanno economico (sembra un romanzo di avventura, invece è realtà!) Parmigianino, che a dispetto dei suoi trent’anni sembrava molto più vecchio, ricevette finalmente quello che doveva essere il suo incarico più prestigioso: gli affreschi della Chiesa della Steccata, a cominciare dal sottarco dell’abside e, se le cose fossero andate bene, si sarebbe aggiudicato il resto degli affreschi, dandogli così la fama meritata.
Per la realizzazione del sottarco, Parmigianino pensò in grande immaginando la rappresentazione di Tre Vergini sagge e Tre Vergini stolte, così da raccontare in una sola opera fatti biblici e fatti legati alla città di Parma: c’era infatti una particolare tradizione che veniva rinnovata di anno in anno proprio in quella chiesa, dove l’aristocrazia parmigiana forniva una dote alle fanciulle meno abbienti, attraverso una cerimonia particolare.
E quando alzi gli occhi sotto l’arco dell’abside, vedi una qualità pittorica che si distingue in modo abissale da tutti gli altri affreschi della chiesa.

Sottarco dell’abside di Santa Maria della Steccata dipinto da Parmigianino. Fonte Wikipedia


Le figure femminili sono perfettamente levigate, praticamente belle da vedere ed eseguite con una maestria tale da farti capire che per Parmigianino la prospettiva non aveva più segreti: era perfettamente padrone della tecnica pittorica. Lo vedi anche dal modo in cui dipinge le architetture e le decorazioni.

Ma quali sono le Vergini sagge e quali sono quelle stolte?

Ora viene la parte più divertente: osservare i particolari!
Guarda le lampade a olio portate dalle vergini: rappresentano il lume della ragione. Un gruppo di vergini ha le lampade accese: loro sono sagge. L’altro gruppo di vergini ha le lampade spente: ergo, loro sono le stolte!
Inoltre le vergini sagge sono affiancate da Eva che sbeffeggia il serpente/diavolo e da Aronne, consigliere di Mosè e abile negoziatore. Queste due figure suggeriscono le qualità da avere per essere saggi.

A sinistra le Vergini sagge con Eva e Aronne.
A destra le Vergini stolte con Mosè e Adamo.
Fonte santuari.it

Di contro le vergini stolte sono affiancate in primis dalla figura di un Mosè adirato, che si agita dalla sua nicchia nell’atto di scaraventare le tavole dei comandamenti in direzione delle ragazze che hanno (letteralmente) smarrito il lume della ragione. Dall’altra parte, troviamo la figura di Adamo che maneggia la mela del peccato originale il che fa presagire che non ci sia nulla di buono nelle intenzioni delle vergini.

E non finisce qui…

Dettaglio con le decorazioni in foglia d’oro dei rosoni e dell’arco. Fonte Wikipedia

Le dorature che vedi sono state realizzate da Parmigianino in persona che si preoccupò di ogni minimo dettaglio della sua opera, persino della stesura della foglia d’oro sui rilievi architettonici.
Peccato che questa ossessiva ricerca della perfezione per ogni minimo dettaglio causò anni di ritardi.
Per capirci: Parmigianino ricevette un anticipo sui pagamenti nel 1531; secondo gli accordi, la decorazione del sottarco sarebbe dovuta terminare nel 1532, ma in realtà Parmigianiono arrivò ben oltre il 1539. Questo gli costò dapprima delle multe salate e alla fine l’incarceramento.

Meglio avere amato e perso che non avere amato mai

In qualche modo Parmgianino riuscì a scappare da Parma, ma poco tempo dopo la sua fuga si ammalò e morì a soli 37 anni in quel di Casalmaggiore, realizzando così solo una piccolissima parte della sua idea grandiosa.
Nonostante tutto, l’affresco della Steccata, anche se piccolo rappresenta un capolavoro unico nel suo genere dove l’alchimia che si è venuta a creare tra Parmigianino e la pittura, ci racconta uno dei legami artistici e d’amore più belli che la Storia dell’Arte conosca.

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